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Italia
Nel corso degli anni ’30, l’aspirazione mussoliniana di riorganizzare la società non risparmia nemmeno lo sport, e i tentacoli del Partito Fascista si allungano anche sulla squadra di calcio vicentina: prima con il cambio del nome, con tanto di fascio littorio ben in vista sulle maglie, e poi addirittura con un’importante modifica dell’assetto societario. Nel 1939, infatti, si assiste ad una sostituzione dei vertici in piena linea con lo spirito di propaganda dell’epoca, poiché alla presidenza della squadra viene insediato il prof. Antonino Ventra, comandante di una centuria locale, già commissario straordinario dell’Opera Nazionale Balilla di Roma. Nino – così si firma l’ufficiale – è una presenza rumorosa tra le vie del centro, e durante le rituali parate studentesche del sabato pomeriggio terrorizza gli scolari che non si presentano con la divisa in ordine, sbraitando alla vista di qualche piega di troppo. Ma nel giro di poco la nazione entra in guerra, e l’agitazione dei balilla passa allora in secondo piano. Tuttavia, quando lungo la frontiera francese si sparano i primi colpi, dalla parte opposta d’Italia si ha ancora modo d’occuparsi di cose quotidiane, almeno per quel che riguarda il pallone, che vede svolgersi regolarmente la stagione ’39-’40: il Vicenza alle dipendenze di mister Spinato trionfa agilmente nel campionato di C, trascinato dalle reti di Marchetti, Chiesa e Suppi. Presto, però, la chiamata alle armi priva la rosa di alcuni giocatori di rilievo, poiché non è semplice ottenere l’esenzione dalla leva per motivi sportivi. Lo stesso Ventra viene mobilitato e sostituito dal sempre presente Roi; così, mentre il camerata è al fronte, il marchese guida la neopromossa in una serie B che si conclude con un ottimo sesto posto, nonostante le mutilazioni dell’organico subite in corso d’opera. Nel frattempo, alle soglie del ’42, Ventra lascia definitivamente la poltrona presidenziale per ragioni belliche, sostituito dal cav. Dino Guzzo. Per quel che riguarda il calcio, il commissario pare una figura piuttosto sfuggente, posta a capo della squadra cittadina più per ragioni d’immagine che di reale interesse; e di fatti non resta quasi traccia della sua attività di dirigente sportivo. In merito ai brutali eventi del suo tempo, invece, sappiamo un poco di più. In «Un apprendista italiano» Meneghello lo ricorda come colui che torturò il partigiano Renzo Ghiotto, catturato mentre stava distribuendo dei volantini per conto del Partito d’Azione e poi detenuto per una decina di giorni nel palazzo della G.I.L., nei pressi del Teatro Astra. Nel ’43, a seguito dell’uccisione del repubblichino Alfonso Caneva per mano del gruppo partigiano di Fontanelle di Conco, il Ventra è protagonista di una rappresaglia nei confronti di numerosi antifascisti locali, arrestati e rinchiusi nelle carceri di S. Biagio, dove vengono barbaramente picchiati. Infine, tra il ’44 e il ’45 lo troviamo a Roma e a Torino, dove comanda la Guardia Nazionale Repubblicana fino al 25 aprile